venerdì 14 dicembre 2012

Lo scacco che il melanconico si infligge è già inscritto nell'invocazione che egli rivolge a se stesso, in questa invocazione che è un rimpianto. Sprofondato in se stesso, non riemerge al mondo comune che per quel tramite. Il rimpianto non è soltanto il suo modo d'espressione privilegiato, ma il suo estremo modo d'esistenza, l'ultima parola ancora capace di articolare la significatività del mondo entro cui egli si trova, la sua Stimmung, il cui clima patico è d'altra parte immediatamente consonante con il comportamento stesso del rimpianto.

martedì 25 settembre 2012

Dalla serranda a metà vidi le mani di un uomo che scolpivano un blocco di marmo. A ogni colpo le vene sul dorso si gonfiavano come fa la terra secca quando riceve l'acqua. Le dita lunghe e magre accarezzavano la pietra portando via la polvere e liberando la forma incastrata. Un volto di donna si staccò dopo aver aspettato tutto il tempo del mondo per venire alla luce. D'improvviso ne sentii il bisbiglio, come una preghiera, la stessa che mi ronzava nelle orecchie ogni volta che ballavo. Il mio volto era quel volto, il mio sudore la sua polvere e tutto ciò che ero stata per qualcuno quella notte si disfaceva sotto i colpi di martello. 
Ilaria Mavilla, Miradar

lunedì 17 settembre 2012

Eppure adesso la prima cosa che affiora nella mia mente è proprio quel prato tra le montagne. L'odore dell'erba, il vento che portava dentro sé un gelo sottile, il profilo dei monti, l'abbaiare di un cane: sono queste le cose che per prime mi si affacciano alla mente. Chiarissime. Talmente chiare che ho quasi l'impressione, se allungo la mano, di poterne seguire i contorni con le dita ad una ad una. Ma in questo paesaggio non ci sono figure umane. Non c'è nessuno. Lei non appare, io nemmeno. E mi chiedo dove siamo andati a finire noi due. Com'è potuto succedere? Dove è andato a finire tutto quello che ci sembrava così prezioso, dov'è leie dov'è la persona che ero allora, il mio mondo? Ma è inutile, ormai non riesco nemmeno a ricordare facilmente il suo viso. Quello che mi resta è solo lo sfondo: un paesaggio senza figure.
Murakami Haruki, Norwegian Wood. Tokyo Blues